Modello teorico
Origini e storia dell’orientamento sistemico relazionale
Wiener nel 1948 conia il termine di cibernetica come “studio dell’autoregolazione sia nei sistemi umani sia in quelli artificiali”. La cibernetica consente di liberarsi dai concetti energetici delle teorie freudiane e l’attenzione viene posta sui concetti di informazione e di retroazione rendendo possibile il passaggio dall’intrapsichico al relazionale.
I primi ricercatori si concentrano sull’analisi della famiglia come sistema.
Un grande risalto, collegato alla clinica, viene dato a come il comportamento sintomatico equilibra o sbilancia il sistema familiare.
Il primo tentativo di divulgare le idee del gruppo di Palo Alto è evidenziato nel libro di Watzlawick, Jackson e BeavinPragmatica della comunicazione umana.
Il rapporto tra sintomo e relazioni familiari è stato affrontato da vari ricercatori: Bowlby, Ackerman, Bowen, Wynne, Whitaker, Minuchin, Boszormenyi-Nagy, Framo, Bateson, Jackson, Haley, Weakland, Watzlawick, Bell e Satir.
La teoria generale dei sistemi
Venne concepita da Von Bertalanffy come un linguaggio interdisciplinare e Bateson la considerò successivamente come la “struttura che connette” i diversi settori della conoscenza
I concetti principali della teoria generale dei sistemi (sistema, organizzazione, autoregolazione, causalità circolare, equifinalità) evidenziano come sia necessario considerare ogni fenomeno non come una mera somma delle parti ma come un intero.
Gli sviluppi della terapia familiare: i pionieri
La condivisione di queste idee non porta alla definizione di un modello comune: fin dagli anni ’60 si delineano due differenti correnti:
La costa occidentale USA
Il gruppo di Palo Alto studia la comunicazione ed elabora la teoria del doppio legame. L’interesse si focalizza sulle interazioni nei sistemi familiari osservabili nel qui e ora e sugli aspetti del loro funzionamento.
L’osservazione è ridotta agli aspetti pragmatici, il tempo è ridotto all’unica dimensione del presente senza un legame con il processo evolutivo.
L’individuo è “messo tra parentesi” e considerato impenetrabile (scatola nera).
In questo gruppo sono rappresentati,fatta eccezione per Virginia Satir, i “puristi”: studiano la famiglia come un sistema di interazioni non includendo il coinvolgimento personale del terapeuta.
La costa orientale USA
Nello stesso periodo altri autori rivolgono maggiore attenzione agli aspetti soggettivi e storici della famiglia
La dimensione temporale viene reintrodotta nell’osservazione del sistema familiare: la famiglia viene studiata in termini intergenerazionali.
Una grande attenzione è focalizzata sull’individuo: sui suoi antichi tagli emotivi e sul processo di differenziazione per consentire un più autentico coinvolgimento nelle relazioni attuali.
In questo gruppo sono rappresentati coloro che, utilizzando la propria personalità, storia, creatività, strutturano, con la famiglia uno spazio condiviso per la co-crescita della famiglia e del terapeuta.
La psicoterapia familiare in Italia
Nel 1967 Mara SelviniPalazzoli, Luigi Boscolo, Gianfranco Cecchin e Giuliana Prata fondano a Milano il Centro per lo studio della famiglia e trattano interi nuclei familiari da una prospettiva psicoanalitica.
Nel 1970 Luigi Cancrini forma a Roma un gruppo di lavoro che si occupa di un progetto di ricerca sulle tossicodipendenze: da questo gruppo gemmeranno le diverse scuole di terapia familiare romane. Nel 1975 Gaspare Vella, Camillo Loriedo, Chiara Angiolari, Sergio Lupoi e Luisa Martini fondano il Centro studi e terapia s.r.l. (cfr “La storia”)
Gli studi successivi: l’osservatore nel sistema e il mondo delle rappresentazioni interne
Il costruttivismo:
Maturana e Varela (1980, Autopoiesi e cognizione) pongono l’attenzione sull’osservatore e sui suoi costrutti: la conoscenza, non più oggettiva, si costruisce attraverso l’autoriflessività e i sistemi viventi sono considerati sistemi autonomi che si autorganizzano.
Nel 1987 Heinz Von Foerster (“Sistemi che osservano”) fonda la cibernetica del secondo ordine.Il passaggio alla cibernetica del secondo ordine provoca un mutamento di prospettiva:l’osservatore fa parte del fenomeno studiato in quanto costruttore del campo di osservazione.Diventa quindi necessaria una teoria dell’osservatore che comporti il passaggio epistemologico da “che cosa conosciamo?” a “come conosciamo?”.
Il costruzionismo sociale:
Anche se Kenneth Gergen già nel 1973 con un suo articolo “Psicologia sociale come storia” aveva evidenziato come ogni conoscenza, compresa la psicologia, sia storicamente e culturalmente determinata, è solo nel 1987 che Seymour Papert delinea il termine costruzionismo.
Secondo il costruzionismo sociale:
- idee e concetti nascono nell’interscambio sociale e sono mediati dal linguaggio
- gli individui danno senso alla propria vita attraverso realtà narrative socialmente costruite dando significato e organizzazione all’esperienza personale
- nell’interazione linguistica si costruiscono i significati (in terapia il significato è funzione della relazione terapeuta/paziente)
Gli studi sui legami di attaccamento:
Le origini della teoria dell’attaccamento risalgono ai primi anni ’50 con gli studi pionieristici di John Bowlby, ma la teoria dell’attaccamento è diventata una disciplina a sé includendo approcci differenti (cognitivo-sistemico-psicodinamico).
Per la teoria dell’attaccamento le esperienze vissute con le figure di attaccamento sono alla base della formazione di rappresentazioni interne di sé-con-l’altro (Modello operativo interno MOI)che è continuamente regolato dal contesto ambientale da cui ha tratto origine e in cui è immerso.
È evidente come la teoria dell’attaccamento e i suoi successivi sviluppi abbiano contribuito ad arricchire la lettura delle situazioni cliniche dei terapeuti sistemico-relazionali riferendosi anche alle immagini internalizzate che ogni membro della famiglia ha degli altri familiari.
Anni 80-90 la fine del tabù: la Terapia Individuale Sistemica (TIS)
Quasi tutti i terapeuti sistemici avevano già da tempo affiancato il lavoro con le famiglie con qualche forma di psicoterapia individuale che, per altro, erano rimaste esperienze private.
In questo periodo comincia a emergere la tendenza a parlare apertamente di queste esperienze e diviene evidente che: “è pienamente coerente con l’epistemologia sistemica accettare di vedere un individuo da solo quando possiamo ragionevolmente supporre che quell’individuo e le modalità con cui ci viene richiesta una terapia individuale costituiscono la massima e più significativa espressione del sistema di appartenenza.”(Loriedo C., Angiolari C., De Francisci A. 1989, La terapia Individuale Sistemica)
I principi della TIS:
- l’individuo ricapitola in sé le regole del sistema di cui fa parte
- l’individuo tende a riprodurre con il terapeuta gli stessi modelli relazionali acquisiti nel suo sistema di appartenenza, proponendo contemporaneamente un cambiamento nella relazione stessa
- il terapeuta e la famiglia entrano, attraverso l’individuo, in relazione tra loro e retroagiscono reciprocamente nel corso dell’intero processo terapeutico
Gli ultimi sviluppi
La terapia familiare è passata, nel corso degli anni dal blaming alla resilienza: i fattori di protezione assumono maggiore importanza e offrono nuove potenzialità e interessanti modelli di intervento.
Attribuire alle famiglie la colpa della patologia dell’individuo si è dimostrato inutile, ingiusto e poco operativo.
Il problema del blaming nei confronti dei genitori e, in generale, verso la famiglia ed i suoi componenti, si è dimostrato nel tempo, uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo della conoscenza del sistema familiare, alla realizzazione di progetti terapeutici realmente efficaci e, infine, alla stessa prospettiva sistemica e alle sue applicazioni terapeutiche.
Oggi una grande attenzione è indirizzata ai fattori protettivi e alle risorse che le famiglie, anche quelle con grave patologia e i loro componenti, possiedono.
Viene ormai riconosciuto il potenziale terapeutico intrinseco al sistema familiare e ai suoi membri:la psicoterapia familiare si sviluppa soprattutto a partire dai fattori di protezione intra ed extrafamiliari.
Figure chiave e aspetti principali della psicoterapia sistemico relazionale

Gregory Bateson
Ecologia della Mente:
Gregory Bateson ha proposto un’epistemologia connettiva. Nella matrice epistemologica batesoniana è immanente una teoria della mente complessa e rivoluzionaria.

Murray Bowen
Approccio multigenerazionale:
Murray Bowen ha sottolineato l’importanza delle famiglie d’origine.

Boszormenyi-Nagy e Framo
La terapia contestuale:
Boszormenyi-Nagy e Framo hanno enfatizzato le lealtà e i debiti familiari

Virginia Satir
Modello dei processi di validazione umana:
Virginia Satir si è focalizzata sulla relazione psicoterapeuta-membri della famiglia.

Carl Whitaker
Terapia esperienziale:
Carl Whitaker ha sottolineato che è l’esperienza e non l’educazione a cambiare le famiglie e ha proposto un modello di coinvolgimento del terapeuta basato sui riferimenti personali, il gioco e l’assurdo.

Salvador Minuchin
Terapia strutturale:
Salvador Minuchin opera sulla famiglia come sistema e sui suoi sottosistemi, confini e gerarchie, proponendo un modello di lettura e di intervento basato sulla struttura della famiglia.

Cloe Madanes e Jay Haley
Terapia strategica:
Cloe Madanes e Jay Haley sottolineano la gerarchia genitoriale e le coalizioni transgenerazionali.

Mara Selvini Palazzoli
Terapia sistemica:
il gruppo di Milano (Mara Selvini Palazzoli et al.) hanno proposto all’attenzione di tutti il paradosso, i giochi familiari e una posizione del terapeuta basata su ipotizzazione, circolarità e neutralità

Tom Andersen, Harlene Anderson, Harold Goolishian, Michael White, David Epston
Approcci di costruzionismo sociale:
Tom Andersen, Harlene Anderson, Harold Goolishian, Michael White, David Epston. Il focus è su come le persone creano significati nella loro vita e costruiscono le realtà personali in cui vivono.

Milton Erickson
Milton Erickson, confidava talmente nelle risorse personali da riuscire egli stesso a superare le gravi difficoltà che la vita gli aveva riservato. Da questa sua esperienza diretta nasce l’utilizzazione di tutto ciò che viene portato nella stanza di terapia.
Le caratteristiche dell’Istituto Italiano di Psicoterapia Relazionale
Il nostro Istituto nella sua lunga storia ha attraversato gran parte del processo di sviluppo dell’ottica sistemico relazionale caratterizzandosi, in particolare, per alcuni aspetti legati all’incontro dei nostri didatti con Milton Erickson e Carl Whitaker
Da Milton Erickson
Il concetto di utilizzazione:
il concetto di utilizzazione, alla base della filosofia di Milton Erickson e l’uso del linguaggio indiretto, sono state carte in più da giocare sul tavolo sia delle terapie familiari che delle terapie individuali.
Il terapeuta deve utilizzare tutto ciò che l’individuo, la coppia o la famiglia porta in terapia al servizio dell’obiettivo terapeutico: guarderà cosa c’è “dietro” (l’implicito, l’indiretto), quello che non viene detto, ma viene raccontato con il comportamento non verbale e paraverbale.
Osservazione responsiva:
il terapeuta osserverà in modo responsivo orientando il suo comportamento in relazione ai dati che coglie nell’osservazione econsidererà ciò che viene portato in terapia (compresi i sintomi e le resistenze) come una risorsa da utilizzare per il cambiamento.
Il terapeuta creerà delle situazioni nelle quali la famiglia/il paziente possa riconoscere le proprie risorse e imparare a sua volta a utilizzarle in modo utile: per fare questo il terapeuta userà se stesso, le sue risorse, le sue parole,il suo non verbale e paraverbale.
Il linguaggio indiretto:
il linguaggio indiretto può facilitare l’esperienza di nuove possibilità di risposta, evocando ricerche e processi inconsci indipendenti dalla volontà conscia. Il linguaggio indiretto è un modo per rispettare la modalità comunicativa complessa, non esplicita e ambigua della famiglia/paziente.
Le metafore, gli aneddoti, le storie sono utili in terapia per affrontare temi e per toccare emozioni che incontrerebbero resistenza.
Da Carl Whitaker
La terapia centrata sul terapeuta:
Gli isomorfismi fra terapeuta e famiglia vengono considerati un’insostituibile opportunità di conoscenza e al tempo stesso un formidabile strumento terapeutico.
Abbiamo definito questa modalità di valutazione e di intervento la «terapia centrata sul terapeuta»: il terapeuta, quando entra in contatto con la famiglia/coppia/individuo, sviluppa isomorfismi di relazione che gli consentono non solo di comprenderne le dinamiche, ma anche di agirle nella relazione terapeutica. La possibilità di agire i modelli di relazione dei pazienti, tramite gli isomorfismi, permette al terapeuta di operarne il cambiamento in vivo, di intervenire sulla relazione terapeutica modificandola profondamente attraverso il suo stesso cambiamento.
Il cambiamento del terapeuta diventa quindi l’elemento cruciale della terapia, nelle diverse fasi del processo terapeutico: dal momento dell’osservazione responsiva, un’osservazione che cambia chi la attua, al momento della diagnosi, che comprende l’osservatore;dall’elaborazione dell’intervento, che agisce in primo luogo sul terapeuta, alla modificazione della relazione terapeutica, attraverso la modificazione del terapeuta stesso.
Il gioco e l’umorismo:
Già dal 1976 Whitaker ci aveva regalato “giocattoli” da usare con le famiglie: mazze da baseball (in gommapiuma!), palle e freesby, un gorilletto caricato a molla, che egli riteneva lo rappresentasse.
Già da allora avevamo abbandonato la seriosità del terapeuta ed eravamo diventati terapeuti seri e perciò giocherelloni, che riuscivano a spiazzare le ridondanze familiari, introducendo situazioni buffe.
Il gioco può essere un mezzo per entrare nel sistema familiare, soprattutto quando è presente un bambino,ma anche il gioco con gli adulti è utile per modificare il tono affettivo, per bloccare comportamenti problematici, per interrompere sequenze ridondanti e circoli viziosi.
Il gioco deve essere introdotto dal terapeuta nella forma più naturale possibile quando si è costruita una solida alleanza tra terapeuta e famiglia.
Il ruolo dell’équipe:
La coterapia
Nella terapia sistemica il lavoro in équipe ha un particolare valore: offre la possibilità di letture diverse in un’ottica in cui è fondamentale il superamento delle prospettive uniche e totalizzanti, consente interventi differenziati per favorire la possibilità della famiglia di accedere alle alternative e alle scelte che ne conseguono, offre al sistema in terapia la possibilità di osservare un altro sistema in funzione e di verificare in vivo qualità e limiti dei modelli di relazione del terapeuta.